LA MAFIA SI PUÒ’ VINCERE – STORIA DI UNA VITTIMA DI ‘NDRANGHETA

La classe 3B del nostro istituto ha avuto il privilegio e la fortuna di seguire il percorso formativo propedeutico alla celebrazione  della 6^ “Giornata regionale della memoria e  dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia”, di cui alla L.R.Veneto n. 48/2012. Tale progetto è finalizzato a far conoscere il fenomeno mafioso in generale, nella Regione Veneto in particolare dove negli anni si sta radicando con le “Ecomafie”, per prevenirlo e contrastarlo. Ci è stata data la possibilità di  incontrare esperti di Ecomafie e di intervistare una delle tante vittime innocenti di mafie, il “testimone di giustizia” di Lamezia Terme, il Signor Rocco Mangiardi.

Tutto il percorso è stato curato dalla prof.ssa Eramo, compreso il testo che segue.


Video realizzato dalla classe 3B nell’ambito del progetto “La Mafia si può vincere” – Montaggio di Marco Dalla Via

La storia di Rocco

Rocco Mangiardi è un testimone di giustizia, ovvero una figura che non avendo commesso nessun reato, ma, suo malgrado, vittima, ha deciso di collaborare con lo Stato nelle indagini contro la mafia, anche se ciò poteva mettere a rischio la sua vita. Durante l’incontro ci ha parlato della sua esperienza diretta con la Ndrangheta calabrese.

Nel 2006 era un imprenditore a Lamezia Terme in Calabria e l’oppressione della mafia non tardò a farsi sentire, anche su di lui: infatti venne minacciato da un clan mafioso, guidato dal boss Pasquale Giampà, che gli impose di pagare il “pizzo” consistente nel pagamento della  somma di  1200 euro al mese, altrimenti avrebbe subito l’incendio della sua impresa. Il signor Mangiardi trovò la forza di opporsi grazie ai suoi figli, che gli consigliarono di non soccombere alle richieste minacciose e di denunciare i malavitosi alle Forze dell’ordine.  Pur avendo paura,   riuscì a denunciare cinque persone, di cui quattro vennero arrestate. Si svolse il processo e durò tre anni, durante i quali  altri imprenditori seguirono il suo esempio testimoniando contro i mafiosi. Protetto e sostenuto dalla Polizia giudiziaria,  si recò in Tribunale per testimoniare contro il boss e i suoi uomini. L’esperienza difficile a cui era andato incontro e l’esito delle condanne che ne seguirono, gli fecero capire che  aveva  vinto la  lotta contro la mafia. Rocco  si ritiene orgoglioso della scelta che ha fatto perchè con i suoi soldi non voleva finanziare le azioni criminali della mafia, avendo  scoperto che  quando il boss decideva di uccidere chi si gli si opponeva, ricompensava i killer con cifre comprese tra i 20/25000 euro, ciò significa che ogni persona che pagava il pizzo aveva sulla coscienza una vita umana rappresentata da una cifra in euro, anche se il bene prezioso della  vita umana non  ha prezzo.

La storia di Rocco racconta della sua terribile esperienza, in cui è entrato con timore e da cui uscirà con tanta dignità sulle spalle. Durante l’incontro ha detto: “Lo Stato non c’è dove i cittadini non ci sono” per insegnarci che dobbiamo essere noi cittadini a batterci per la nostra libertà e la nostra vita, ma non possiamo cambiare il Paese senza cambiare noi stessi. Come il testimone ci suggerisce che dobbiamo vivere la vita da protagonisti e non da turisti, mettendo sul piatto della  bilancia della vita, da un lato le avversità come la mafia e la paura,  dall’altro le cose belle come la famiglia, la libertà e la dignità che hanno un peso maggiore. Inutile dire che queste ultime inclinano di più la bilancia a loro favore e aiutano a fare la scelta giusta. Rocco non si definisce testimone di giustizia ma cittadino responsabile, in quanto ognuno di noi, davanti a queste sfide, dovrebbe comportarsi proprio come ha fatto lui; oggi è una persona ricca di valori e un cittadino responsabile.

Una delle storie che ci ha raccontato sui condannati, che ci tocca da vicino, è quella di un ragazzo della nostra età, di nome  Angelo, che è rimasto caro a Rocco nonostante lo avesse denunciato. Lo ha visto crescere in una famiglia a contatto con la criminalità e ancora oggi ritiene di avergli salvato la vita strappandolo dalla malavita legata alla mafia, perché era destinato a diventare Killer della cosca denunciata, con il rischio di essere ucciso a sua volta.

Noi ragazzi della 3B ci riteniamo fortunati a fare questa esperienza, perchè abbiamo sviluppato la consapevolezza di ciò che è nella realtà il fenomeno mafioso, perché noi saremo la generazione del domani, che dovrà fronteggiare anche questo ostacolo, anche perché la mafia, dal Sud si sta spostando verso il nord, dove siamo più vulnerabili  al rischio perché conosciamo poco il fenomeno. Adesso Rocco ha dei nipoti, gestisce la sua impresa e si adopera per  sensibilizzare i giovani, con l’aiuto delle Associazioni e delle Istituzioni. La brutta vicenda vissuta non lo ha abbrutito, anzi è rimasto un uomo buono, sensibile ed onesto, tanto da dedicarsi anche alla poesia, traducendo il suo vissuto in frasi poetiche. Ci ha regalato un suo componimento, dove si immagina un filo d’erba calpestato che si rialza senza paura, più forte e ricco di dignità.

Avete visto il filo d’erba quando viene calpestato,
si rialza d’un fiato e senza nemmeno un grido
è ancora lì ad additare il cielo.
Così si sente l’uomo che scrive il verso,
come il filo d’erba,
non ha paura di quello che accadrà
ma di quello che in vita per gli altri e per se stesso
non è riuscito a fare.
Di sera cresciamo insieme, il filo d’erba e io,
lui in altezza, io nella mia dignità
e non ci importa nulla che la falce arrivi
e quando sarà,
venga tranquilla,
ci troverà ben vivi.

Silvia Angero, Vittoria Caraffini, Lucia Marziano, Petra Micheletto 3B

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